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La lavoratrice, assistita da Legalilavoro Bologna, aveva impugnato il licenziamento intimatole per asserito giustificato motivo oggettivo; ella, prima di tutto, lamenta la natura discriminatoria e, solo in subordine, il movente ritorsivo. Il licenziamento sarebbe avvenuto in ragione della sua condizione di disabilità e della sua iscrizione al sindacato.
La giudice, all’esito dell’istruttoria, ritiene che il licenziamento sia da dichiarare discriminatorio per ragioni sindacali.
La sentenza ripercorre le fonti normative in materia, rammentando come la nullità del licenziamento discriminatorio discenda direttamente dalla violazione di specifiche norme: in particolare l'art. 4, l. 604/1966; l'art. 15 St. Lav.; l’art. 3, l. 108/1990.
Ne discende, sulla base delle motivazioni espresse dal tribunale nella sentenza consultabile in calce, che a differenza del licenziamento ritorsivo non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 c.c.. Ne consegue che la natura discriminatoria non viene meno anche qualora sia concorrente con un’altra finalità, anche legittima, quale il motivo economico. La Giudice, pur ritenendo sussistente il giustificato motivo oggettivo, dichiara perciò nullo il licenziamento, ben potendo la discriminazione concorrere con il motivo lecito.
Il provvedimento condanna la società alla reintegrazione della lavoratrice e al risarcimento del danno a norma dell'art. 2, d.lgs. 23/2015.
a cura di Stefania Mangione, Alberto Piccinini
Legalilavoro Bologna
(Trib. Bologna 10 ottobre 2023)
Parole chiave: Discriminazione , Licenziamenti , Onere della prova , Sindacato