Verbale di conciliazione e autenticità della firma

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Disconoscimento dell'autenticità della firma di un verbale di conciliazione da parte del lavoratore e onere di produzione del documento originale per la parte datoriale

Legalilavoro Bari ha recentemente ottenuto una pronuncia favorevole dal Tribunale di Bari che ha trattato il tema della inidoneità di un verbale di conciliazione ad essere considerato valido elemento probatorio a fronte del disconoscimento della firma da parte del lavoratore.

La vicenda, che è opportuno ripercorrere brevemente al fine di inquadrare i principi enunciati della sentenza, è quella di un lavoratore che, stante la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro a tempo determinato, in assenza di giusta causa, chiedeva il risarcimento del danno conseguente nonché il pagamento di retribuzioni non pagate, tredicesima mensilità, ferie, straordinari e altri emolumenti.

Costituitasi in giudizio la datrice di lavoro opponeva l’esistenza di un verbale di conciliazione (depositato inizialmente in copia fotostatica e prodotto in originale solo successivamente, in sede di discussione) stipulato sede protetta e la cui firma in calce era disconosciuta del lavoratore.

Nelle more del giudizio civile interveniva un procedimento penale dal quale era risultato impossibile accertare se la firma apposta in calce al verbale fosse effettivamente del lavoratore in quanto non era stato possibile reperire il documento in originale.

Accogliendo la tesi di Legalilavoro, il giudice del lavoro ha affermato che “non può assegnarsi valore probatorio al verbale di conciliazione [...] prodotto in copia con la costituzione in giudizio e, tanto non già per quanto accertato in sede penale, bensì perché si deve avere riguardo al disconoscimento (quantunque tardivo) opposto dal ricorrente in seno al presente processo civile ed alla successiva richiesta di verificazione, non ritualmente coltivata, da parte della società resistente che ha prodotto in giudizio e intendeva valersi del documento in questione” e ha proseguito, mutuando un principio espresso da alcune pronunce di legittimità (in particolare Cass. 11739/1999 e Cass. 7667/2014), affermando che avendo la copia fotostatica di un documento la stessa efficacia probatoria dell’originale, in caso di disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione di scrittura provata prodotta in copia fotostatica, la parte che la abbia esibita in giudizio e che intende avvalersi della prova documentale rappresentata dall’anzidetta scrittura privata, perché possa ottenere la verificazione ex art. 216 c.p.c., deve produrre l’originale.

Chiarisce inoltre il Giudice che la produzione dell’originale del verbale di conciliazione solo all’ultima udienza di discussione era da ritenersi irrituale: “né certamente può dirsi che la produzione dell’originale sarebbe potuta avvenire in sede di CTU [consulente tecnico d'ufficio], essendo le produzioni documentali sottoposte a decadenze e dovendo quindi la parte interessata, a fronte del disconoscimento di parte avversa, produrre l’originale alla prima udienza utile oppure chiedere di essere autorizzata a depositarla in originale”.


(Tribunale Bari 16 dicembre 2019)


08.05.20
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