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Il principio è enunciato con chiarezza in una recentissima sentenza del Tribunale di Firenze ottenuta, in favore di un dirigente, da Legalilavoro Firenze.
È acquisito, in giurisprudenza, che la “giustificatezza”, che deve sostenere la motivazione del licenziamento del dirigente, è concetto diverso dal “giustificato motivo” richiesto dalla legge per fondare il licenziamento dei dipendenti non dirigenti (impiegati, operai, quadri).
La “giustificatezza” infatti è nozione di matrice e disciplina esclusivamente contrattuale, che la giurisprudenza ha definito in rapporto a tale fonte e in coerenza con la natura fortemente fiduciaria del rapporto che lega impresa e dirigente. La nozione di “giustificato motivo” ha invece fonte normativa. Diverse anche le conseguenze della mancanza dell’una o dell’altra: la carenza di “giustificatezza” non si risolve in un vizio che inficia il licenziamento, che resta valido ed efficace, ma dà diritto al dirigente ad ottenere la specifica indennità che i contratti annettono all’ipotesi. La carenza di “giustificato motivo”, nel licenziamento dei lavoratori non dirigenti, mina invece la validità del recesso e conduce alle conseguenze disciplinate dalla legge.
Ebbene, nell’opera di definizione della nozione di “giustificatezza”, è importante il principio ricavabile dalla sentenza del Tribunale di Firenze secondo cui, prima ancora di verificare se il recesso manifesti altri vizi, occorre acquisire prova, a carico del datore di lavoro, sulla effettiva corrispondenza tra ciò che egli ha scritto nella motivazione della lettera di recesso e la realtà.
Quando il recesso è fondato su ragioni organizzative, perciò, l'impresa deve fornire la prova che tutte le circostanze affermate nella motivazione siano vere. Così deve essere provata, ad esempio, la crisi finanziaria o l'accorpamento dei settori, ove questi elementi costituiscano le circostanze poste a base del licenziamento: non sarebbe invece sufficiente dimostrare, in ipotesi, la semplice soppressione della funzione cui era preposto il dirigente o la ridistribuzione dei suoi compiti tra i colleghi.
Un accurato esame della realtà che ha dato luogo al licenziamento, con l’ausilio di un’attenta difesa, può dunque costituire elemento essenziale di un’efficace azione contro un licenziamento, anche motivato da ragioni apparentemente oggettive.
(Tribunale Firenze 18 febbraio 2020)
Parole chiave: Dirigenti , Licenziamenti , Onere della prova