Dimissioni legittime se il datore non dimostra tempestivamente di aver versato i contributi

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Le conseguenze della mancata prova tempestiva del versamento dei contributi INPS non sono “emendabili” dal datore di lavoro attraverso la prova dell’avvenuto accreditamento soltanto dopo la comunicazione di recesso

LegaliLavoro Milano ha recentemente ottenuto dalla Corte d'appello di Milano una pronuncia che conferma la legittimità delle dimissioni della lavoratrice, già vincitrice in primo grado.

La Corte ha ritenuto valide le dimissioni per giusta causa, affermando che il mancato accreditamento di un anno di contributi (emerso dall’esame dell’estratto conto previdenziale), comporti il diritto di dimettersi senza preavviso, anche alla luce dell’infruttuoso sollecito formulato al datore di fornire la prova del versamento dei contributi prima delle dimissioni.

Non è stato considerato rilevante che il datore di lavoro, dopo le dimissioni, abbia fornito la prova del versamento della contribuzione. Secondo la Corte, in caso di contestazione o di richiesta del lavoratore, è onere del datore di lavoro fornire la concreta dimostrazione del versamento. Tanto più nel caso in cui, dall’estratto contributivo personale a cui può accedere il lavoratore, non risultino annotati per lungo tempo i versamenti da parte del datore di lavoro.

L'affidamento che la certificazione INPS determina nel lavoratore circa il proprio diritto a recedere deve essere pertanto “smentito” immediatamente dal datore di lavoro a semplice richiesta del lavoratore, non potendosi “emendare” in via successiva l’effetto giuridico determinato dal legittimo esercizio del diritto.


(Appello di Milano 15 gennaio 2020)


Parole chiave: dimissioni , Previdenza

29.01.20
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