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In una causa patrocinata da Legalilavoro, il Tribunale di Firenze ha riconosciuto l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo intimato ad un lavoratore, ritenendo privi di rilievo disciplinare gli addebiti mossi al dipendente e dunque ritenendo accertata l’insussistenza materiale del fatto contestato, con applicazione della tutela di cui all'art. 3, comma 2, d.lgs. 23/2015 (c.d. Jobs Act).
Nel caso di specie, al lavoratore erano stati contestati vari addebiti disciplinari. In sede di giudizi l'impresa non aveva tuttavia fornito la prova né della sussistenza materiale di uno degli addebiti, né della rilevanza disciplinare degli altri.
Con sentenza consultabile in calce, il Tribunale ha quindi condannato l'impresa a reintegrare il lavoratore in servizio, nonché a corrispondergli il pagamento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR non superiore a 12 mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.
Il Tribunale ha invece respinto l’eccezione mossa dall’azienda per la detrazione dell’aliunde perceptum o dell’aliunde percipiendum. La parte datoriale non aveva infatti allegato circostanze di fatto specifiche ai fini dell’assolvimento della prova. In conformità dell'orientamento di legittimità, Il Tribunale ha peraltro escluso che l’indennità di disoccupazione, come invece preteso dalla datrice di lavoro, potesse essere trattenuta dall’indennità risarcitoria spettante al lavoratore.
a cura di Michela Valenti
Legalilavoro Firenze
(Trib. Firenze 11 gennaio 2024)
Parole chiave: Jobs Act , Licenziamenti , Onere della prova , potere disciplinare