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In una causa patrocinata da Legalilavoro, il Tribunale di Firenze ha riconosciuto per due volte la nullità del licenziamento per ragioni economiche intimato ad un dipendente in prossimità della scadenza della legislazione emergenziale che, durante la pandemia, aveva posto limiti alla facoltà delle aziende di recedere dai rapporti di lavoro.
Più specificamente, nella fattispecie, un lavoratore era stato sospeso dal lavoro per "cassa Integrazione Covid" dall’inizio della pandemia. Poi, a ottobre 2021, in prossimità della scadenza del cosiddetto blocco dei licenziamenti (31 ottobre 2021), il dipendente aveva ricevuto la comunicazione di recesso dal rapporto da parte del datore, con effetto da novembre 2021, al termine del periodo di preavviso stabilito dal contratto.
Il Tribunale ha tuttavia dichiarato nullo il licenziamento, accogliendo la tesi difensiva di Legalilavoro. Anche se la risoluzione del rapporto di lavoro era avvenuta quando il blocco dei licenziamenti era venuto meno, infatti, la legittimità del recesso doveva essere valutata in base alle regole vigenti alla data in cui il lavoratore aveva avuto notizia del licenziamento. Regole che, come detto, allora non consentivano ancora alle aziende che facevano ricorso alla cassa Integrazione Covid (come nel caso di specie) di recedere dai rapporti di lavoro.
Il Tribunale ha quindi confermato l'ordinanza della prima fase del processo, che già aveva condannato l’azienda a reintegrare il lavoratore in servizio, nonché a corrispondergli tutte le retribuzioni che gli sarebbero spettate tra la data del licenziamento e quello della reintegrazione.
La sentenza affronta anche la questione della legittimità costituzionale delle leggi emergenziali che negli anni di pandemia hanno posto dei divieti alla facoltà di effettuare licenziamenti, concludendo per la manifesta insussistenza.
a cura di Massimo Rusconi
Legalilavoro Firenze
(Trib. Firenze 20 settembre 2023)
Parole chiave: cassa integrazione , Coronavirus , Licenziamenti