Successione di contratti di lavoro nautico a tempo determinato

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Reiterazione dei contratti a termine abusiva (e in frode alla legge) con conseguente conversione a tempo indeterminato sin dalla sottoscrizione del primo contratto

La Corte d’appello di Messina ha integralmente confermato la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto di un lavoratore marittimo, difeso da Legalilavoro Messina, alla conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dalla sottoscrizione del primo contratto.

La sentenza assume rilievo per la molteplicità delle statuizioni su questioni di diritto di grande interesse che hanno visto impegnati le avvocate di Legalilavoro Messina in una difficile e lunga battaglia in difesa, ancora una volta, dei lavoratori marittimi.

La Corte messinese ha, in primo luogo, respinto l’eccezione di decadenza avanzata dalla società armatrice in relazione a tutti i contratti a viaggio stipulati dal 2006 al 2015, secondo una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 32, l. 183/2010, che circoscrive l’applicazione «nei riguardi dei rapporti già effettivamente cessati, e non ai rapporti di lavoro ancora in fieri perché reiterati dal datore di lavoro a breve distanza di tempo sicché possa ragionevolmente ritenersi che il lavoratore arruolato, confidando nel conferimento di nuovi contratti, sia indotto a non impugnare quelli già scaduti proprio in considerazione della soggettiva e oggettiva situazione di parte debole del rapporto».

La Corte evidenzia, altresì, che a mente dell’art. 32 l’onere di impugnazione del contratto è previsto per le violazioni formali di cui agli artt. 1, 2 e 4, d.lgs. 368/2001, così come per il regime della proroga; mentre non è previsto nel caso di azione tesa a far valere la successione abusiva di contratti a termine.

La Corte ha pure, per i medesimi motivi, respinto l’eccezione di prescrizione dei crediti facendola decorrere dall’ultimo contratto dedotto in ricorso.

Altro aspetto degno di nota è relativo all’eccezione di ultra petizione sollevata dalla società appellante per avere il giudice di primo grado dichiarato, oltre alla nullità della clausola a viaggio, l’utilizzo abusivo del contratto a termine in mancanza di specifica domanda.

Il collegio ha respinto l’eccezione ritenendo che la qualificazione giuridica dei fatti afferisce al giudice che «ha proceduto ad un accertamento dell’utilizzo abusivo del contratto a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 1344 c.c., sulla base degli elementi di fatto allegati all’atto introduttivo del giudizio, congiuntamente valutati procedendo, così, correttamente, a qualificare giuridicamente la fattispecie sottoposta al suo esame, senza che possa ravvisarsi in tale operazione alcun vizio di ultra petizione».

La Corte rileva poi che la fattispecie di “abuso del diritto” e quella di “frode alla legge” possono coesistere come nel caso in esame.

Ed ancora sulla nullità della clausola "a viaggio” la Corte, richiamando la giurisprudenza della Corte di giustizia UE e della Cassazione, afferma che la mancata indicazione della durata del viaggio, ossia del giorno dello sbarco o della data dell’ultimo viaggio, connota di incertezza la clausola «con conseguente vanificazione della funzione di garanzia della stabilità del rapporto per un determinato periodo di tempo. Il ricorso a siffatta clausola non pone il lavoratore nella condizione di conoscere l’entità della sua prestazione lavorativa e dell’impegno richiesto, non consentendogli la possibilità di accedere ad altri imbarchi, essendo affidata al mero arbitrio del datore di lavoro la durata del rapporto, risolvibile a suo piacimento».

Da ciò discende la nullità parziale del contratto con applicazione ex lege (art. 332 cod. nav e art. 1419 c.c.) delle norme regolatrici dell’arruolamento a tempo indeterminato che corrispondono nel lavoro marittimo all’istituto, di derivazione contrattuale, della continuità del rapporto lavorativo quale misura sanzionatoria adeguata a dare effettività alla clausola 5 della Direttiva 1999/70/CE.

La Corte messinese respinge anche l’eccezione sul riconoscimento dell’indennità risarcitoria in uno con la conversione del rapporto e sulla quantificazione nella misura massima evidenziando che la sanzione della conversione del rapporto non è alternativa all’indennità risarcitoria e che la quantificazione è adeguata ai criteri di cui all’art 8, l. 604/66 (durata del rapporto lavorativo, condizioni delle parti e dimensioni della società).

In ultimo, il Collegio pronuncia sull’eccezione di parziale difetto di legittimazione passiva in relazione ai periodi lavorati dal marittimo presso altre società armatrici in applicazione dell’art. 2112 c.c. che prevede l’obbligo solidale tra cedente e cessionario nel pagamento dei diritti maturati dal lavoratore trasferito a seguito di cessione.


contributo a cura di Maria Grazia Belfiore

Legalilavoro Messina


(App. Messina 16 novembre 2021)

25.11.21
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