Distacco sindacale e repressione della condotta antisindacale

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Antisindacalità della revoca dell’indennità di lunga mobilità al lavoratore in distacco sindacale

Nella sentenza del 2 agosto 2021 (consultabile in calce) il Tribunale di Ancona affronta il tema dell’antisindacalità della revoca del trattamento economico di c.d. lunga mobilità al lavoratore in distacco sindacale.

Il Giudice, investito della decisione nella c.d. fase di opposizione proposta dall’azienda contro il decreto che aveva già accolto il ricorso per condotta antisindacale, ha applicato alle previsioni della contrattazione collettiva integrativa i canoni interpretativi del contratto previsti dal codice civile.

In prima battuta, ha rilevato che nel contratto aziendale applicato il riferimento al «trattamento economico» riservato ai lavoratori in «permesso» escluderebbe dal proprio contenuto soltanto «le indennità strettamente collegate all’espletamento di specifiche mansioni e al luogo in cui il lavoro si svolge ed esso non avrebbe valenza esemplificativa».

A tale conclusione si perviene, prosegue il giudice nel suo ragionamento, non solo in virtù del tenore letterale della pattuizione collettiva (art. 1362 c.c.), ma anche in forza del criterio di interpretazione sistematica di cui all’art. 1363 c.c. dal momento che, essendo regolamentati i permessi “orari”, la loro fruizione non fa venir meno l’obbligo del lavoratore di coprire quotidianamente la distanza tra abitazione e il luogo dell’effettiva prestazione lavorativa.

Né il medesimo accordo collettivo accennerebbe in alcun modo ad un diverso calcolo della retribuzione spettante nel caso in cui venga meno il suddetto obbligo del lavoratore.

Inoltre, osserva il giudicante, il criterio contrattuale all’epoca in atto presso la società datrice di lavoro prevedeva la sua corresponsione e venivano pacificamente attribuiti ai dipendenti assenti per motivi sindacali sia il «concorso per spese tranviarie», sia il buono pasto.

Per altro verso anche il successivo accordo collettivo integrativo del 2016, invocato da parte datoriale per fondare la revoca del trattamento, sarebbe finalizzato a non privare i dipendenti che ricoprano incarichi sindacali di quanto normalmente percepito in relazione alla necessità di allontanarsi quotidianamente dalla propria abitazione, considerato che l’attività sindacale si svolge generalmente al di fuori dalla propria abitazione e spesso sul luogo di lavoro.

Infine, il Tribunale dorico ha rilevato che l’erogazione da parte del datore di lavoro dell’indennità in discorso, anche in assenza di effettiva attività lavorativa del lavoratore distaccato dal 2005 al 2016, ha rilievo sia sul piano collettivo, sia su quello individuale, così che se anche si escludesse l’esistenza di un obbligo in tal senso, comunque si tratterebbe di un trattamento già volontariamente erogato in favore del lavoratore in seguito alla privazione dell’uso dell’auto aziendale.

Il Giudice ha, pertanto, ritenuto che sia stato cristallizzato con un accordo tacito il diritto individuale al trattamento, che essendo stato riconosciuto ad personam non sarebbe disponibile ad opera delle previsioni della contrattazione collettiva.

Così la sua ingiustificata revoca, condizionata all’esercizio dell’attività sindacale, configurerebbe una situazione di pregiudizio alla libertà e alla attività sindacale.


contributo a cura di Alessandro Giuliani, Legalilavoro Ancona


(Trib. Ancona 2 agosto 2021)

30.09.21
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