Rapporto convenzionale medico e compatibilità con trattamento di quiescenza

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Il pediatra che beneficia del trattamento di quiescenza da parte dell'Università ha diritto di restare nell'elenco dei medici convenzionati se l'iscrizione è avvenuta prima del 25 giugno 2014 (entrata in vigore del d.l. 90/2014)

Il Tribunale di Catania (la pronuncia è consultabile al link in fondo a questa sintesi) ha riconosciuto l’illegittimità della delibera di risoluzione del rapporto convenzionale nei confronti di un dottore pediatra seguito da Legalilavoro.

Il medico in questione, già titolare di convenzione con l’ASP di Catania dal 1981, nel 1988 ha esercitato l’opzione per il lavoro dipendente ed è stato assunto quale docente presso l’Università degli Studi di Catania dove ha lavorato sino alla messa in quiescenza avvenuta nel 2012.

A quel punto il medico aveva chiesto e ottenuto il reinserimento nell’elenco dei pediatri di libera scelta iniziando ad operare nel 2012 sul territorio affidato e ampliando in breve tempo il suo bacino di utenza.

Successivamente, alla fine del 2015, ha ricevuto la comunicazione dell’avvio del procedimento di cessazione del rapporto convenzionale, ai sensi dell’art. 30, accordo collettivo nazionale del 15 dicembre 2005, motivato dalla sussistenza della condizione di incompatibilità prevista dall’art 17, comma 3, dell’Accordo, ossia per il caso «di trattamento di quiescenza relativo ad attività convenzionate e dipendenti del SSN, fatta esclusione per i pediatri già titolari di convenzione per la pediatria all’atto del pensionamento».

Tale circostanza è stata immediatamente contestata reclamando il suo diritto al mantenimento dell’incarico a tempo indeterminato sino al raggiungimento del settantesimo anno di età (ossia per altri due anni circa) evidenziando di essere stato riscritto negli elenchi in quanto medico già convenzionato e la non sussistenza di cause di incompatibilità, essendo il trattamento di quiescenza erogato in relazione al rapporto di lavoro non con il SSN bensì con l’Università. Ciononostante veniva ugualmente deliberata la cessazione.

Il Tribunale di Catania ha confermato la tesi del medico in quanto la risoluzione dei rapporti di convenzione è riconducibile soltanto alle previsioni dell’art. 6, comma 1, d.l. 90/2014.

In ragione di ciò le difese dell’ASP, che si appuntano sulla situazione di incompatibilità ex art. 17, comma 1, lett. j) dell’Accordo, sono state ritenute del tutto inidonee a contrastare la pretesa del medico, visto che nel caso in esame non trova applicazione il suddetto art. 17.

Inoltre il provvedimento di risoluzione è illegittimo in quanto il citato art. 6 non ha efficacia retroattiva e risulta pertanto inapplicabile alla posizione del ricorrente la cui delibera di reinserimento nell’elenco dei pediatri di libera scelta era avvenuta nel 2012, mentre la nuova disciplina dell’art. 6 si applica agli incarichi conferiti a decorrere dalla successiva data di entrata in vigore dello stesso decreto. Risulta chiaro che le nuove norme non hanno carattere retroattivo e che non possono incidere (non essendo previsto) su posizioni di diritto soggettivo già consolidate.

Il Tribunale ha pertanto riconosciuto il diritto del ricorrente a ricevere un risarcimento commisurato equitativamente al periodo in cui avrebbe potuto legittimamente proseguire l’attività di pediatra di libera scelta.


(Trib. Catania 27 ottobre 2020)

Parole chiave: Lavoro pubblico , medici , Previdenza

06.11.20
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