Valutazione periodica dell'attività di un militare carabiniere e pregiudizio dei valutatori

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Vanno riformulati i giudizi analitici contenuti nella scheda valutativa di servizio qualora non siano coerenti con il giudizio sintetico eccellenza

Legalilavoro ha difeso un militare dell’arma dei carabinieri, iscritto al Sindacato italiano militari carabinieri, nella controversia inerente alla valutazione periodica della sua attività lavorativa e alle chances di progressione in carriera.

Il militare, in occasione della partecipazione ad un concorso per la qualifica superiore, aveva appreso che la scheda valutativa relativa al servizio prestato esprimeva un giudizio finale di “eccellente” ma riportava giudizi deteriori nelle voci analitiche.

Dopo aver proposto ricorso gerarchico la scheda veniva riformata ma il compilatore e il revisore, invece di intervenire sui giudizi discorsivi, modificavano la qualifica finale da “eccellente” in “superiore alla media”.
Su ricorso gerarchico del militare la scheda veniva annullata nuovamente in autotutela. Ma anche nella terza scheda, redatta dal medesimo compilatore e medesimo revisore, non venivano modificati i giudizi discorsivi e veniva mantenuta la qualifica finale “superiore alla media”.

Il militare, nel frattempo, non aveva potuto partecipare al concorso per la qualifica superiore, con grave danno per la perdita di chances di crescita professionale ed economica. Egli ha proposto ricorso giurisdizionale per l’annullamento della scheda valutativa, deducendo violazione di legge sul dovere di astensione del compilatore e del revisore ed eccesso di potere sotto il profilo del divieto della riformazione in pejus.

Il Tar ha accolto il ricorso, ritenendo violato il principio di imparzialità e rilevando «la singolarità della fattispecie, ove l’annullamento della scheda valutativa è intervenuta per ben due volte, così evidenziando una incapacità e o pregiudizialità in capo ai redattori di cui si impone la sostituzione nel caso singolo».

L’amministrazione, in esecuzione della sentenza di annullamento, ha sostituito l’estensore e il revisore: anche la nuova scheda ha però mantenuto il giudizio deteriore già espresso dai precedenti valutatori.

La difesa erariale ha proposto ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sostenendo che il dovere di astensione non era ravvisabile nel caso di specie per il sol fatto che il compilatore e il revisore erano i medesimi estensori del precedente giudizio. Il militare ha dedotto, nelle sue difese in appello, che anche la terza scheda redatta dopo l’annullamento giurisdizionale aveva confermato il giudizio deteriore insistendo anche nell’accoglimento del secondo motivo di ricorso inerente al divieto di reformatio in pejus.
Il Collegio, nel respingere l’appello, evidenzia l’errore in cui è incorsa l’amministrazione ed ha affermato il principio che non è “libera” la riedizione del potere dopo l’accoglimento del ricorso gerarchico avverso la prima versione della scheda, potendosi desumere dalle relative motivazioni il divieto di reformatio in pejus. In altre parole i militari, estensore e revisore, avrebbero dovuto modificare i giudizi contraddittori e non la valutazione finale che doveva rimanere “eccellente”.

Richiamando la motivazione di accoglimento del ricorso il Collegio afferma che «i giudizi discorsivi formulati dalle autorità datrici non sono in linea (per difetto) con il complesso delle valutazioni analitiche e con la qualifica finale» ed è facile dedurre che meritevoli di modifica (e di adeguamento) sono i giudizi e non le valutazioni analitiche che per la loro oggettività mal si prestano ad una riscrittura “ballerina“ (che non appare adeguatamente motivata) al fine di giustificare un incontro valutazione “a ribasso“ invece che “rialzo“. Quanto al profilo della riedizione della terza scheda di valutazione, con espressione del medesimo giudizio valutativo che era stato oggetto del provvedimento di annullamento, il Collegio ha precisato che l’attività esecutiva, eventualmente ancora erronea posta in essere in seguito alla sentenza appellata e confermata, dovrà essere valutata dallo stesso giudice di primo grado in sede di ottemperanza alla propria sentenza.

Il caso, singolare per il perseverante reiterato errore di valutazione, è esemplificativo di ciò che di frequente avviene nella vita lavorativa dei militari condizionata dal modo di intendere il rapporto di lavoro secondo le regole del comando, tipizzato da una forte soggezione al potere del superiore gerarchico. Una condizione che però collide con i principi costituzionali di tutela della dignità del lavoro, in particolare riguardo alla crescita professionale e alla retribuzione adeguata alla qualità e alla quantità del lavoro prestato; principi che regolano tutti i rapporti di lavoro, anche quello dei militari a cui, peraltro, di recente la Corte Costituzionale ha garantito l’esercizio della libertà sindacale.


a cura di Aurora Notarianni
Legalilavoro Messina

(Cons. giust. amm. Sicilia 27 luglio 2024)

10.09.24
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