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La Corte Costituzionale ritiene infondata la questione di legittimità, sollevata in riferimento all’art. 2033 c.c., nella parte in cui la norma non prevede l’irripetibilità dell’indebito retributivo o previdenziale non pensionistico, quando le somme siano state percepite in buona fede e la condotta dell’ente pubblico erogatore abbia ingenerato nel precettore un legittimo affidamento circa la loro spettanza.
La Consulta è stata chiamata a pronunciarsi nei giudizi di legittimità dell’art. 2033 c.c. (secondo cui «chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda»), promossi dal Tribunale ordinario di Lecce e dalla Corte di Cassazione. A giudizio dei rimettenti, in presenza di un legittimo affidamento sulla spettanza di una prestazione economica, avente natura retributiva o previdenziale, erogata in favore di una persona fisica da un soggetto pubblico, la pretesa restitutoria violerebbe gli artt. 11 e 117 Cost.
La Consulta non ritiene fondate nel merito tali questioni di legittimità dell'art. 2033 c.c. e per motivare la sua decisione, preliminarmente, ripercorre la giurisprudenza della Corte europea dei Diritti dell'Uomo in materia di ripetizione degli indebiti retributivi e previdenziali erogati da soggetti pubblici, partendo dalla interpretazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, secondo il quale «ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni». Per la Corte europea, nella tutela di tali beni rientrerebbe anche la tutela del legittimo affidamento (legitimate expectation), quale situazione soggettiva dai contorni più marcati di una speranza o aspettativa di mero fatto (hope). In diverse sentenze sono stati, infatti, specificati i presupposti che consentono di identificare quando l'affidamento del percettore sia legittimo e le condizioni in presenza delle quali la richiesta dell'ente erogatore di ripetizione dell'indebito si tramuti in un'interferenza sproporzionata.
In particolare la Corte EDU ha individuato i cinque elementi costitutivi del legittimo affidamento:
Tuttavia, la presenza di tali presupposti non comporta per ciò solo l'intangibilità della prestazione economica erogata alla persona fisica dal soggetto pubblico; anche per la Corte europea è infatti necessario attuare un bilanciamento dei contrapposti interessi: quello generale sotteso all'esigenza di recuperare le prestazioni indebitamente erogate dai soggetti pubblici e quello sotteso all'esigenza di tutelare l'affidamento incolpevole del beneficiario dell'indebito. Ciò che la Corte censura è semmai l'eventuale mancanza di proporzionalità dell'interferenza del soggetto pubblico che agisca per la ripetizione dell'indebito nei confronti dell'affidamento legittimo del beneficiario. Fra le circostanze che per la Corte europea incidono sul carattere sproporzionato dell’interferenza devono annoverarsi le specifiche modalità di restituzione dell’indebito imposte dall’ente erogatore al beneficiario, qualora nell’esercizio della pretesa restitutoria si ometta di considerare o non si tenga conto adeguatamente della fragilità economico-sociale o di salute dell’obbligato; oppure manchi la precisa previsione di una responsabilità in capo all’ente a cui sia addebitabile l’eventuale errore.
Una volta chiarita l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza della Corte europea, la Consulta ritiene di poter affermare che il quadro di tutele offerto dal nostro ordinamento nazionale, se correttamente valorizzato, consenta di superare ogni dubbio di possibile contrasto fra l’art. 2033 c.c. e l’art. 117 Cost. Si tratta, in primo luogo, di rimedi aventi ad oggetto prestazioni di natura previdenziale pensionistica e assicurativa, in relazione alle quali il legislatore nazionale, in termini eccezionali, tenuto conto del tipo della prestazione erogata (art. 38 Cost.), prevede l’irripetibilità dell’indebito, salvo il dolo del beneficiario, ossia qualora quest’ultimo sia perfettamente consapevole di percepire somme non dovute; o, ancora di natura assistenziale, per le quali non è nemmeno richiesta la prova dell’affidamento (come nel caso di prestazioni non dovute erogate dall’INAIL in caso di infortuni sul lavoro e malattie professionali, artt. 52 e 55 l. 88/1989 o di prestazioni economiche di carattere assistenziale, l. 29/1977).
Altra tutela specifica è quella prevista nell’art. 2126 c.c. con riguardo alla prestazione retributiva. In questo caso, la ripetibilità della retribuzione indebita erogata è esclusa perché la controprestazione lavorativa è stata effettivamente eseguita, anche se non dovuta (secondo Cass. 26 novembre 2021, n. 36358, l’irripetibilità è legittima anche nell’ipotesi di nullità o annullamento del contratto di lavoro e persino in presenza di illiceità dell’oggetto o della causa del contratto, per la violazione di norme poste a tutela del lavoratore, a condizione che all’erogazione dell’indebita retribuzione corrisponda una specifica prestazione lavorativa di fatto già eseguita, pertanto, la tutela non opera nel caso in cui l’indebito si configuri come mero aumento della retribuzione di posizione di un incarico dirigenziale, in quanto non si troverebbe in una posizione sinallagmatica rispetto a specifica una prestazione lavorativa aggiuntiva effettivamente resa).
Rispetto a queste previsioni, che riguardano ipotesi specifiche o eccezionali, l’art. 2033 c.c. ha un ambito di applicazione più generale e ampio, nel quale possono essere ricompresi anche casi di indebiti esaminati dalla Corte EDU, nonché dal giudice e dalla Corte rimettenti, ossia indebiti oggettivi riguardanti prestazioni previdenziali non pensionistiche e prestazioni retributive non rientranti nella tutela di cui all’art. 2126 c.c.. Secondo la Consulta, infatti, se da un lato l’art. 2033 c.c. prevede la ripetizione dell’indebito, dall’altro dispone che, qualora il beneficiario del pagamento sia in buona fede, i frutti e gli interessi maturino solo a partire dalla data della domanda di restituzione e tale rimedio farebbe venire meno una delle ragioni di sproporzione dell’interferenza del soggetto erogatore, ravvisata dalla giurisprudenza della Corte EDU. Inoltre, nel nostro ordinamento esiste già una clausola generale in grado di valorizzare quegli stessi elementi costitutivi del legittimo affidamento posti in risalto dalla giurisprudenza europea e tale sarebbe la clausola di buona fede oggettiva o correttezza di cui all’art. 1175 c.c.
Pertanto, a parere, della Consulta, la lettura dell’art. 2033 c.c., in combinato con quanto disposto negli artt. 1175 e 1337 c.c., consentirebbe di superare ogni dubbio di costituzionalità della norma rispetto all’art. 117, primo comma Cost., perché l’affidamento legittimo, richiamato dalla Corte EDU, trova fondamento nella buona fede oggettiva, sia come interesse che condiziona l’attuazione del rapporto obbligatorio e quindi anche la pretesa restitutoria di cui all’art. 2033 c.c., sia come situazione soggettiva potenzialmente meritevole di tutela risarcitoria, attraverso la disciplina dell’illecito precontrattuale (con riguardo alla disposizione di cui all’art. 1337 c.c. la giurisprudenza ha già da tempo desunto un modello generale di tutela dell’affidamento legittimo come ad esempio quello alla legittimità e alla correttezza di un provvedimento emanato da una PA o come quello riferito all’esattezza e correttezza delle informazioni fornite da soggetti che spendono una particolare professionalità).
In sostanza, la previsione di cui all’art. 1337 c.c. costituirebbe, a livello nazionale, la cornice giuridica nella quale ravvisare i medesimi presupposti individuati dalla Corte EDU per legittimare l’affidamento riposto da una persona fisica circa la spettanza di una prestazione indebitamente erogata da un soggetto pubblico. Sia la giurisprudenza della Corte EDU, sia la disposizione di cui all’art. 1337, infatti, attribuiscono rilievo alla relazione tra chi effettua la prestazione e chi la riceve, quindi, anche a livello nazionale, rileva il fatto che chi eroga la prestazione economica indebita sia un soggetto pubblico in grado di ingenerare nel beneficiario la fiducia circa la spettanza di quanto ricevuto, non solo in ragione della competenza professionale del soggetto erogatore, bensì anche per il suo perseguire interessi generali. Allo stesso modo, in entrambi i livelli, rilevano elementi quali il tipo della prestazione erogata, il carattere ordinario e non straordinario della stessa, il perdurare nel tempo dell’erogazione, l’apparenza di un titolo fondato su una disposizione di legge, regolamentare o una clausola contrattuale, perché anche nella cornice giuridica della buona fede l’affidamento legittimo si evince sulla base di circostanze concrete e indici oggettivi ed è per questo che all’interno di tale cornice generale trova riconoscimento nel nostro ordinamento l’interesse protetto dalla CEDU nell’art. 1 del Protocollo addizionale., come interpretato dalla Corte EDU.
Una volta ricondotto al suo interno, tuttavia, è necessario chiarire, per la Consulta, quale tutela il nostro sistema fornisce all’interesse protetto della norma convenzionale, in modo tale da evitare il contrasto con l’art. 117 Cost. A tal proposito, la disposizione di cui all’art. 1175 c.c. impone un canone di comportamento secondo correttezza e buona fede alle parti del rapporto obbligatorio, che evidentemente vincola il creditore a esercitare la propria pretesa restitutoria, in maniera tale da tenere conto del legittimo affidamento del percipiente e delle sue condizioni personali ed economiche. Un rimedio che sicuramente consente di valorizzare l’affidamento legittimo del percipiente si concretizza nella doverosa previsione da parte del soggetto creditore di una modalità di rateizzazione della somma indebita richiesta in restituzione. Da ciò discende l’inesigibilità totale o parziale della pretesa fino a quando la richiesta di restituzione non sia eseguita con modalità valutate dal Giudice conformi a buona fede oggettiva.
Sul presupposto dell’affidamento legittimo ingenerato nel percipiente, la clausola della buona fede oggettiva permette, attraverso la previsione della rateizzazione, di adeguare le modalità dell’adempimento, tenendo conto delle sue condizioni patrimoniali o, in presenza di particolari condizioni personali o dell’eventuale coinvolgimento di diritti inviolabili e a seconda della gravità delle ipotesi concrete, può consentire di ravvisare un’inesigibilità temporanea o addirittura parziale (la circostanza per cui l’inesigibilità non determina l’estinzione dell’obbligazione non deve far ritenere che il rimedio sopra prospettato non possa così superare il vaglio di costituzionalità, in relazione al parametro della non sproporzione dell’interferenza nell’affidamento legittimo del percipiente, indicato dalla giurisprudenza della Corte EDU, posto che la stessa Corte nelle sue pronunce non impone affatto una generalizzazione del diritto all’irripetibilità dell’indebito).
Infine, secondo la Consulta, il nostro sistema nazionale non solo prevede un apparato di tutele che consente di valorizzare l’affidamento legittimo del percipiente una prestazione indebita, ma riconosce anche, nell’ipotesi di una lesione di tale interesse protetto, una tutela risarcitoria riconducibile nella cornice giuridica della responsabilità precontrattuale, purché ne ricorrano gli ulteriori presupposti applicativi. Pertanto, alla luce di tale quadro di rimedi offerti dal nostro ordinamento nazionale, per la Consulta, la norma di cui all’art. 2033 c.c. non presenterebbe i prospettati profili di illegittimità costituzionale.
È evidente la valenza, non solo per il rango dei giudici rimettenti, di questa pronuncia. Sebbene, infatti, la Corte Costituzionale evidenzi come anche a livello europeo non sussista un diritto generalizzato all’irripetibilità dell’indebito, attraverso l’interpretazione dell’affidamento legittimo di cui alla norma convenzionale, che, nel nostro ordinamento, trova il suo fondamento entro la cornice giuridica del canone della correttezza e buona fede tra le parti di un rapporto obbligatorio, comunque, vengono chiarite quali modalità (rateizzazione che tenga conto delle condizioni personali e patrimoniali del beneficiario, riserva di ripetizione) il soggetto pubblico erogatore debba seguire, affinché la sua pretesa restitutoria sia esigibile nei confronti di una persona fisica che abbia indebitamente percepito una prestazione economica previdenziale non pensionistica o retributiva, facendo legittimo affidamento, ovviamente nei termini sopra individuati, sulla sua spettanza.
a cura di Valentina Mereu
Legalilavoro Cagliari
(Corte cost. 27 gennaio 2023, n. 8)
Parole chiave: Lavoro pubblico , Previdenza , Previdenza e assistenza , Retribuzioni